da Samatha a Vipassana

Leggo la domanda di Giorgio.
Giorgio chiede:

“Qual è il cammino per passare da Samatha a Vipassana?

Ci avviciniamo alla meditazione con una pratica di attenzione al qui e ora nel corpo, nella mente, nel respiro, osservandoci senza giudizio. Questa è Samatha, fermarsi, pace e tranquillità.

Domanda: Come si può gradualmente passare da Samatha a Vipassana? Passare all’introspezione, al vedere in profondità le cose come sono? Grazie Claudio”.

Scopri:

Guarda il video di circa 10 minuti o leggi la trascrizione qui sotto:

 

Giorgio, effettivamente è una bellissima domanda.

Ricordo la differenza tra Samatha e Vipassana.

la differenza tra Samatha e Vipassana

samatha-vipassanaSamatha è una meditazione di ancoraggio, una meditazione che ci fa ritrovare il presente, ci ancora al qui e ora.

Visto che tendenzialmente noi ci disperdiamo, non viviamo il qui e ora, con Samatha noi ci ancoriamo al qui e ora e lo ritroviamo.

Ci aiuta a essere centrati, a ritrovare la pace, a ritrovare la tranquillità. Normalmente si usa il corpo, si può usare un mantra.

Tendenzialmente non si usa molto la mente come ancoraggio perché la mente divaga un po’ di più.

Mentre noi possiamo esperire le sensazioni corporee solo nel qui e ora e il corpo vive nel qui e ora, la mente ci può portare un po’ più lontano.

Per questo tendenzialmente facciamo più affidamento al corpo o al respiro, perché ogni momento, ogni respiro è unico nel qui e ora.

C’è poi chi usa il mantra ma secondo me il mantra apre altri campi. Diciamo che comunque questa è una tecnica.

Ci sono varie tecniche, ci sono vari metodi e se ho tempo e se c’è curiosità poi le vedremo.

Torniamo alla domanda.
Questa è Samatha.

Che cos’è Vipassana?

La Vipassana è l’esplorazione di tutto tutto il nostro vissuto che stiamo avendo momento per momento.

Questa è Vipassana.

Questo ci può spingere anche molto in profondità.

Mi piace pensare che siamo come una cipolla.

Ci sono tanti strati di consapevolezza. Alcuni strati sono più superficiali: se ad esempio un giorno sto meditando posso rendermi conto di quanto non sono consapevole.

Ebbene, è già un pochino in profondità rispetto al non essere consapevole neanche di questo, cioè di non rendermi conto neanche di quanto sono distratto quel giorno, di quanto sono nervoso. Mi può fare dei danni.

Quindi io anche in quel giorno vado in profondità. Ci sarà un po’ di polvere, magari. Tolgo quella polvere e vedo quanto non sono consapevole. Già questo è un buon modo di essere andati un pochino in profondità.

Poi ci sono volte in cui si va molto molto in profondità.

La Vipassana è detta anche Insight Meditation, perché ti dà anche degli Insight, delle comprensioni a tutto tondo, quella che viene detta anche “A Ha Experience”. Puoi trovare la descrizione della vipassana anche su Wikipedia.

Samatha ci fa ancorare al presente e Vipassana ci fa esplorare, ci fa indagare, ci fa scoprire le cose così come sono, nel qui ora.

Se può esistere una Samatha senza Vipassana, non può esistere una Vipassana senza Samatha.
Perché?

Perché io non posso esplorare quello che succede nel qui e ora se non c’è un qui ora, se non sono nel qui e ora.

Perché?
Samatha ci fa calmare, come giustamente dici tu, Giorgio. Ci permette di ritrovare il momento presente.

È come un lago la cui superficie è agitata. Con Samatha noi calmiamo le acque del lago.
Sulle acque calme, quando la superficie è liscia e tranquilla, puoi riflettere le cose così come sono. E quella è la fase di Vipassana.

Ecco un esempio che usa il mio maestro.

Noi siamo dispersi. Le nostre energie si disperdono quando non siamo presenti a noi stessi. Ritrovarci, e quindi Samatha, è come rimettere le pile dentro una torcia, ritrovare noi stessi.

Con Vipassana noi usiamo questa torcia per scandagliare le nostre esperienze che stiamo vivendo nel qui e ora.

Un altro esempio è quello del bicchiere di acqua sporca e agitata. Non si può vedere in trasparenza. Quando però si sedimenta tutto quanto, e quindi si calma, allora ecco che puoi guardare in trasparenza.

Quindi come riconosci le due fasi?
Intanto: come si passa da una all’altra?

come si passa da una all’altra?

Talvolta il passaggio è molto molto naturale.

Talvolta nella Samatha ci ritroviamo perché siamo dispersi. Spontaneamente ci ritroviamo, quasi senza accorgercene. Ci ritroviamo in uno stato esplorativo, in uno stato di consapevolezza.

Cominciamo a osservare le cose così come sono, senza pensarci troppo, senza dire: “adesso passo dall’uno all’altro”.

Ma come riconoscere le due fasi?

Con una è come se tenessi le briglie del respiro o del corpo un po’ strette.

Ti concentri molto, orienti molto il pensiero verso il corpo, verso il respiro.

Può anche succedere che io voglio fare una Vipassana. Mi rendo conto che mi disperdo con grande facilità, che quindi sono molto molto distratto.

A quel punto cosa faccio? Uso questo laccio stretto della Samatha, quindi il respiro, il corpo.
Questo succede anche in tutta la fase di Vipassana.

Quando mi disperdo e mi rendo conto di essermi distratto molto, mi riaggancio all’acqua.
Può succedere anche in Samatha: spontaneamente ti ritrovi in quello stato.

Anche in Vipassana mi posso accorgere di essere molto distratto, posso accorgermi che la mia mente si disperde molto.

Allora io tengo più stretto il laccio della Samatha, cioè del respiro o del corpo.
Indago un pochino di meno.

Se quel giorno è così, se sono così distratto, tornerò più spesso al respiro, fino addirittura a fare una Vipassana e a trasformarla di fatto in una grande Samatha e “basta”. Non è roba da poco.

Come si fa? È molto semplice.
All’inizio partiamo tranquillamente con una Samatha.
Raccogliamoci.

Agganciamoci il più possibile al corpo e al respiro. Poi, quasi naturalmente, autorizziamoci a indagare.

La Samatha risponde alla domanda “Ci sono? Cosa sento se faccio un check nel corpo?”. Forse “Ci sono?” è già una domanda da Vipassana. Torniamo un attimo al senso.

“Cosa succede al mio corpo?” è una fase di Samatha.
Quali sono le sensazioni?
Dov’è il respiro?

Questa è Samatha, è il rispondere alla domanda, indagare sul “Cosa succede in me in generale? Cosa sta succedendo in me?” quindi dentro di me.

Ad esempio quando c’è un rumore esterno. Come vedi ho già parlato di rumore.

Se noti, quindi, c’è già del mio: un suono è un suono, piacevole o spiacevole. Se io lo chiamo rumore allora ci ho già messo sopra un’etichetta.

Posso anche notare quanto sono veloce a mettere le etichette, quanto tenda a rendere soggettiva la realtà che mi arriva oggettiva.

La sto criticando, la sto qualificando, sto già dicendo che è un rumore piuttosto che un suono, quindi c’è già del mio.

Posso osservare anche come faccio tutto questo processo.

Questo è il bello della Vipassana: qualsiasi cosa che ci capita è buona da osservare.

Se siamo con la mente piena di pensieri possiamo osservare i pensieri.

Se ci sono delle cose esterne che ci danno fastidio possiamo notare il nostro fastidio.
Cerchiamo comunque di indagare cosa succede in noi. Questo è molto importante.

La Vipassana quindi è una fase indagatoria rispetto tutte le esperienze che stiamo vivendo nel qui e ora.

La Samatha è una fase di ancoraggio, è una fase in cui noi orientiamo la mente al corpo o al respiro. Usiamo quindi un oggetto con una briglia molto stretta, un oggetto specifico, come il respiro.

Con la Vipassana qualsiasi esperienza diventa un oggetto di osservazione. Qualsiasi. Un dolore, un pensiero, anche quello che succede nella nostra mente.

Quello che stiamo dicendo mentre parliamo con qualcuno, perché questo esercizio serve per poi ritrovarci a essere presenti nel quotidiano.

Se parliamo con qualcuno, quindi, cerchiamo di mantenere la nostra presenza e sentire cosa succede in noi mentre parliamo con quella persona. Cerchiamo di essere attenti.

Ed ecco che quindi qualsiasi esperienza noi stiamo vivendo può essere osservata.
Questo è quello che facciamo in Vipassana.

Vipassana significa Visione Profonda e la sua caratteristica è quella della indagine, della verifica nel qui e ora.

Questo è quello che succede.

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