Un’altra domanda è: “Quanto è stretto il legame con il buddismo nella pratica vipassana oggi anche qui in occidente?”.

Innanzitutto ricordo che Buddha non è un dio.meditazione vipassana e buddismo theravada

Era un essere umano proprio come me e te. Buddha non si chiamava neanche Buddha, ma Siddharta Gautama della tribù dei Sakya.

Siddharta a un certo punto ha raggiunto l’illuminazione.

Questo raggiungere l’illuminazione è stata una forma di risveglio, di illuminazione. Questa forma di risveglio e illuminazione è chiamata buddità. Lo stato di Buddha.

Questo stato, questa possibilità è intrinseca in qualsiasi essere, soprattutto noi esseri umani.

Noi possiamo raggiungere quello stato di buddità.

Questa è una buona notizia.

Lui ha raggiunto questo stato prima dei suoi 40 anni, ha insegnato per altri 40 anni ed è “morto” a 80. (Tecnicamente si dice che lasciamo il corpo, non “moriamo”)

Ha aiutato altri e ha insegnato come è possibile raggiungere quello stato di buddhità.

Quello che insegnava in modo predominante era proprio la tecnica di meditazione vipassana.

Ha dato tante indicazioni.

I monaci della tradizione antica, quella appunto del buddismo theravada, sono quelli che continuano in modo più tradizionale a seguire esattamente i dettami antichi dettati dal Buddha.

La Meditazione Vipassana: la pratica che proponeva il Buddha

La vipassana quindi è una meditazione di matrice buddista, tuttavia la sua natura è contemplativa, psicologica, introspettiva.

Io mi siedo e osservo che cosa succede dentro me.

I risultati che ottengo sono una visione più profonda sia di me sia del mondo in cui sono immerso, sia dello stato delle cose. Rifletto le cose così come sono.

Ci sono persone che grazie a questo hanno capito tante cose della realtà assoluta, della realtà che ci circonda ma come vedi è un lavoro introspettivo.

Secondo me oggi, in Occidente, c’è tanto bisogno di questo tipo di lavoro.

Soprattutto in ambito psicologico si sta diffondendo tantissimo la vipassana sotto il nome di Mindfulness.

Mindfulness, quando la meditazione vipassana diventa di uso quotidiano in occidente

Mindfulness è una parola in inglese che viene tradotta come consapevolezza, anche se c’è un’altra parola inglese che viene tradotta con consapevolezza, che è “awareness”.

Mindfulness significa letteralmente “pienamente presenti con la mente”. A mente pienamente presente.

Questa tecnica, apparentemente laica e non buddista, in realtà si svolge esattamente come la tecnica buddista (e proviene dal buddismo theravada).

Il suo fondatore, Jon Kabat-Zin, statunitense che ha avuto la forza di veicolare questa tecnica, in passato era proprio un insegnante di vipassana.

Quello che ci aiuta a fare tecnicamente è qualcosa che di fatto è vipassana.

Si chiama Mindfulness, è un marchio registrato quindi non possiamo dire in modo esatto che sia la stessa cosa. Chi ne fa esperienza però può vedere che stiamo parlando di qualcosa di molto simile.

Lui ne ha fatto un profilo ed è ovviamente più articolato, quindi ha senso che sia stato registrato come marchio.

Tornando all’esperienza, sia vipassana che mindfulness in quanto tecniche, dal mio punto di vista, sono laiche. Entrambe.

Anche la Mindfulness. Hanno dichiarato in modo molto tranquillo che il background culturale a cui hanno attinto questa tecnica è decisamente buddista.

Tendenzialmente un buddista theravada che veicola la vipassana normalmente non vuole trasformarti in un buddista, vuole che tu possa trasformarti in Buddha, che è molto diverso.

Può favorirti una tecnica non per farti sposare la causa buddista ma affinché tu possa liberarti dalla schiavitù della tua sofferenza e vedere le cose così come sono, in modo esattamente tecnico e non necessariamente dogmatico.

Mi piace pensare che questo sia il motivo per cui oggi in Occidente questa tecnica può essere veicolata molto bene. E lo dobbiamo tanto, appunto, all’approccio Mindfulness.

Rileggo la domanda per essere sicuro di aver risposto.

“Quanto è stretto il legame con il buddismo nella pratica vipassana oggi anche qui in Occidente?”.

Mi pare che sia chiaro.

Il buddismo è la matrice di questa tecnica ma secondo me ha senso se in qualche modo si prende la tecnica e la si fa propria senza necessariamente disturbare un’altra religione.

Una persona può mantenersi laica se è laica, atea se è atea, cristiana se è cristiana e praticare tranquillamente la vipassana nonostante il suo background culturale di matrice buddista. Senza necessariamente scomodare un’altra religione.

La Meditazione vipassana alla fine è una tecnica per sviluppare la mente non un rituale religioso!

se vuoi saperne di più torna su meditazionevipassana.it o fai il corso di meditazione vipassana

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *